Come sembra già lontano il 20 febbraio 2020, giorno della notizia del “paziente 1” di Coronavirus in Italia. Solo tre settimane dopo, ci troviamo nel pieno di un fenomeno del tutto inatteso, nella sostanza e nelle proporzioni, le cui conseguenze a tutti i livelli hanno sembianze ancora assai poco definite.
Ci sarà tempo per tirare le somme delle ricadute dell’epidemia di Covid-19 sulla spesa pubblicitaria: ogni previsione in questo momento è del tutto prematura, anche se è certo che il conto ci sarà, e sarà salato.
Nel frattempo, possiamo però dare uno sguardo a quello che stanno facendo le aziende e i brand sul piano della comunicazione, e cercare di formulare qualche ipotesi su cosa, concretamente, possano fare per non rompere il rapporto con i consumatori al cospetto di un fenomeno che sta stravolgendo le priorità degli italiani, oltre ad impattare forzatamente su stili di vita, abitudini e sulle strategie di consumo.
La pubblicità frena, ma non si ferma
Se la velocità è stato uno dei tratti salienti del dilagare del Covid-19 e delle sue conseguenze, con le Istituzioni costrette a correre ai ripari con decreti d’urgenza a salvaguardia della salute pubblica, i primi settori a tirare il freno alle loro comunicazioni sono stati quelli immediatamente impattati dalle misure di contenimento, come la cultura e i viaggi.
I dati di AdClarity, piattaforma tecnologica leader nell’analisi competitiva degli investimenti in advertising online, evidenziano chiaramente come il 12 marzo si registri in Italia un crollo nell’ordine dell’80% delle impression pubblicitarie per settori come il Cinema e il Travel (nel grafico sotto). Cospicuo è anche l’impatto sui volumi delle campagne dei brand del Lusso, calati di circa il 65% rispetto al 20 febbraio.
«Ci sono però settori in controtendenza come il banking, in cui molti attori hanno cominciato a fare una comunicazione rassicurante sui servizi di credito», ci spiega Fabrizio Angelini, Ceo di Sensemakers, società specializzata nell’analisi del comportamento online che offre, tra le altre cose, i servizi di AdClarity alle aziende italiane.
Se nell’immediato molti settori perdono volumi in modo significativo a causa delle conseguenze dell’epidemia, altri nel breve potrebbero perfino trarre qualche vantaggio. «In questo momento – osserva Angelini – c’è chiaramente una grande opportunità per chi opera nell’ecommerce, e in particolare per i brand direct-to-consumer che hanno un rapporto solido con la propria base clienti. Per i grandi brand, invece, sembra opportuno adottare il giusto tone of voice e assumere una funzione di rassicurazione che, inevitabilmente, è destinata a lavorare di più nel medio lungo periodo».
Fonte: https://www.engage.it/aziende/coronavirus-pubblicita/222003